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«dove è aggressività non è alchimia,
dove è superbia, non è alchimia,
dove è cupezza, lugubre serietà, non è alchimia,
dove è ansia di prevaricazione, non è alchimia,
dove è violenza, non è alchimia,
dove è cupidigia e desiderio, non è alchimia.
Ma è alchimia, dove è pace, sorriso, amore,
bellezza, e allegria, disinteresse, mitezza.
È alchimia dove è serietà, senno, benefizio e giubilo.»
dove è superbia, non è alchimia,
dove è cupezza, lugubre serietà, non è alchimia,
dove è ansia di prevaricazione, non è alchimia,
dove è violenza, non è alchimia,
dove è cupidigia e desiderio, non è alchimia.
Ma è alchimia, dove è pace, sorriso, amore,
bellezza, e allegria, disinteresse, mitezza.
È alchimia dove è serietà, senno, benefizio e giubilo.»
Paolo Lucarelli
L’Amore e l’Alchimia |
Alcuni pensano che l’alchimista sia un grande sapiente con un testone grosso così grazie al quale ha sviscerato (o è in procinto di sviscerare) le verità del mondo, della vita e della morte.
Altri invece pensano che si tratti di un pazzo che va dietro a sogni e chimere, un uomo che crede ancora alle favole, alla pietra filosofale come a Babbo Natale.
Probabilmente la figura che massimamente si avvicina alla realtà è quella di un poveraccio, si, un povero disgraziato che ricerca disperatamente un contatto con lo Spirito, con il Divino, con l’Eterno, uno sciagurato bisognoso che è mosso da una misteriosa spinta interiore ed esteriore che lo circonda ed avviluppa che alcuni chiamano Amore.
Pensiamo al matto dei tarocchi, che viene anche (non a caso) denominato «L’Alchimista», ricoperto di stracci, quelli del nostro corpo fisico, limitato e perituro, quelli dei nostri sensi ristretti ed ingannevoli. Gli occhi, che sono lo specchio dell’anima, sono tenuti costantemente rivolti verso il Cielo luogo in cui si trova la sua casa originaria.
Dicevamo che questa spinta verso la ricerca è misteriosa infatti l’alchimista non sa perché fa ciò che fa, sa che lo deve fare, sente un bisogno interiore che deve estrinsecarsi, sente la necessità di percorrere una via che avverte congeniale.
Segue l’eco della così detta «chiamata». Possiamo paragonare questa impellenza a quella del poeta, del pittore, dello scultore, del musicista, ecc.
L’artista non sa perché scrive una poesia, perché dipinge un quadro o scolpisce una statua, sente semplicemente la necessità di farlo.
In poche parole segue la sua natura al di la di ciò che diranno o penseranno gli altri.
Questo Amore, che caratterizza tutti gli artisti autentici, è stato il fattore che in Francia, tra il 1150 e il 1250 d.C., ha sospinto il popolo ad iniziare, nel bel mezzo di una grave crisi economica, la costruzione di centinaia di chiese che solitamente richiedevano il lavoro di tre generazioni per essere portate a compimento, ma che ancora oggi sono degli effettivi capolavori. Le cattedrali gotiche raffigurano un mondo armonioso in cui Dio siede sul trono ma nel quale sono anche presenti mostri e diavoli, un universo dunque dotato di un lato oscuro e tenebroso.
Per cui l’edificio stesso delle cattedrali prende atto dell’esistenza del bene e del male in un unica costruzione e visione del mondo. Il fatto che Dio segga sul trono vuol dire che l’universo (quello della visione medioevale ed alchemica) è fondamentalmente «buono» poiché nonostante le miserie, gli stenti e le debolezze umane (la povertà della nostra condizione o «lato oscuro») v’è un percorso di salvezza preparato per ognuno di noi.
Come nella Divina Commedia dantesca il passaggio per l’inferno (i mostri e doccioni di questo nostro vivere terreno) sembra un percorso obbligato per poter raggiungere il paradiso.
Pensiamo che fu questa Fede e questo Amore a fornire l’immane energia realizzatrice di cui stiamo parlando. Di fronte ai monumenti dell’arte gotica riecheggiano le parole colme d’emozione di Fulcanelli nel suo lavoro dedicato alle cattedrali:
«La più forte impressione della nostra prima giovinezza, - avevamo sette anni, - quella di cui conserviamo ancora un vivido ricordo, fu l’emozione che provocò nel nostro animo di bambino la vista d’una cattedrale gotica. Ne fummo subito sopraffatti, estasiati, colmi d’ammirazione, incapaci di sottrarci al fascino del meraviglioso, alla magia dello splendido, dell’immenso, del vertiginoso, che sprigionava quest’opera più divina che umana. Da allora la visione si è trasformata, l’emozione resta. Se l’abitudine ha mutato il turbamento improvviso del primo incontro, non abbiamo mai potuto liberarci da una specie di incanto di fronte a quei bei libri di immagini innalzati sui nostri sagrati, che estendono sino al cielo le loro pagine scolpite nella pietra. In quale lingua, in che modo potremmo esprimere la nostra ammirazione, testimoniare la nostra riconoscenza, i sentimenti di gratitudine di cui il nostro cuore è colmo per tutto ciò che ci hanno insegnato ad apprezzare, a riconoscere, a scoprire, questi capolavori muti, questi maestri senza parole e senza voce? Senza parole e senza voce? - Che stiamo dicendo! Se questi libri lapidari hanno lettere scolpite - frasi in bassorilievi, pensieri in ogive - parlano comunque per lo spirito imperituro che esala dalle loro pagine.»
Questo spirito imperituro veicolato dai libri di pietra altri non è che il così detto «Spirito Universale» degli alchimisti, unico vero maestro (il Maestro dei Maestri), unico vero protagonista dell’intera manifestazione, nonché unico vero obiettivo dei Filosofi.
È Lui il motore di tutto.
Si provi ad immaginare quanta forza di volontà, quanto senso del sacrificio, quanto paziente e perseverante altruismo ci sono voluti per realizzare una cattedrale gotica. L’uomo da solo non può nulla ed è per questo che Fulcanelli dice che queste opere sono «più divine che umane».
Lo Spirito si esprime attraverso l’artigiano, quindi possiamo dire che l’uomo diventa strumento del vero Artigiano. Solo in questo modo le opere risultanti sono universali ed eterne, quindi per poter realizzare grandi cose è necessario il concorso del Cielo.
In una visione in cui tutti gli uomini si muovono e collaborano per compiere le opere di Dio e per mezzo di Dio l’Altruismo appare come un ingrediente imprescindibile.
In effetti, come si accennava, chi partecipava a lavori di costruzione tanto imponenti raramente vedeva compiuta la sua opera, dopotutto si stava edificando la casa del Padre che doveva essere un punto di riferimento recante un messaggio in simboli non solo per se stessi ma anche (e sopratutto) per le generazioni a venire.
Un atteggiamento del genere oggi, in una società come la nostra fondata sul motto «ognuno per se e Dio per tutti», verrebbe ritenuto folle e comunque segno di un evidente squilibrio mentale.
Ma, a tal proposito, ascoltiamo l’interessante parere del noto egittologo Renè Schwaller de Lubicz:
«Sapete qual è la cosa più difficile da imparare? Giudicare senza preconcetti, che si tratti di guardare semplicemente quello che ci circonda, di leggere, o di ascoltare. Noi coloriamo sempre tutto con le nostre preoccupazioni, con ciò che sappiamo già, con ciò che speriamo di vedere e di trovare, e anche con ciò che temiamo. È ben per questo che il primo precetto di tutti i Saggi dice formalmente: «Astraiti da te». Lo dicono in tutti i modi. Alcuni ad esempio dicono: «Prendi la ferma decisione di fare uso della saggezza, se la troverai, unicamente per servire il tuo prossimo». Colui che è deciso a trovare per il bene altrui dimentica di pensare a se stesso. È immensamente più preparato a giudicare senza pregiudizi personali di colui che cerca nel proprio interesse». (cfr: Insegnamenti e scritti inediti - Mediterranee)
In pratica quest’ultimo estratto altro non è che uno sviluppo del passo evangelico:
"Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi»." S. (Marco 12, 28-31)
Dunque tali opere lapidarie non possono essere il risultato di un ideologia meramente razionale o politica, occorre qualcosa di molto più potente, un moto che viene dal cuore, o, se si preferisce, dall’anima più che dal cervello. Occorre passione, bellezza, dedizione, amore, sono queste le cose che in modo misterioso ci tengono in vita.
Si noti che il fluire emozionale in questo caso non rimane un mero sentimentalismo da quattro soldi fine a se stesso, né una mera speculazione metafisica da carta stampata ma si traduce in una potente azione concreta.
Un’altra rappresentazione della Scienza
Ermetica o «Sapienza» tratta da un opera di
Athanasius Kircher (Mundus Subterraneus)
Non molti fanno caso al fatto che ogni azione e realizzazione ha la sua fucina nel mondo invisibile e spirituale delle idee. Ogni cosa, oggetto, edificio ecc. prima di essere creato deve essere prima necessariamente pensato. Successivamente, con il lavoro, l’idea può diventare realtà. Quanta forza spirituale dunque per costruire questi enormi libri di pietra...
La maggior parte delle cattedrali gotiche ebbe il nome di «Notre Dame», Nostra Signora che suona diversamente dall’egoistico «Mia Signora»; verosimilmente nel Medio Evo v’era una notevole e diffusa attrazione per la donna e la femminilità.
Potrebbe sorprendere se anche l’Alchimia viene spesso rappresentata dalla figura di una Donna? Certamente no.
Fulcanelli riconosce «Dama Natura» collocata sulla soglia dell’ingresso principale della Cattedrale di Notre Dame de Paris:
«... l’alchimia è raffigurata da una donna la cui fronte sfiora le nubi. Seduta su un trono, tiene con la sinistra uno scettro - insegna di sovranità - mentre la destra regge due libri, uno chiuso (esoterismo), altro aperto (essoterismo). Stretta tra le ginocchia e appoggiata al suo petto si innalza la scala di nove gradini - scala philosophorum - geroglifico della pazienza che devono possedere i suoi fedeli nel corso delle nove operazioni successive del lavoro ermetico».
Abbiamo parlato dell’«Amore», della «Fede», e dell’«Altruismo»... qui ci occupiamo del «Sentimento» che la donna raffigura degnamente. Il Sentimento è quel fiume in piena che sgorga da un cuore pregno di gioia e riconoscenza.
Un cuore ricco d’amore prova emozioni che solo chi è stato realmente innamoramento almeno una volta nella vita può comprendere. Abbiamo bisogno di queste emozioni che elevano la nostra esistenza al sublime, all’ineffabile.
Per contro, da qualche secolo a questa parte, ha preso il sopravvento un modo di pensare più freddo, tecnico, più da emisfero cerebrale sinistro.
Il mondo sta vivendo un periodo di emergenza spirituale che non ha precedenti nella storia che si ricorda. Sotto il manto illusorio di spiegazioni cervellotiche ma vuote fenomeni come la solitudine, la dipendenza da droghe ed alcol, l’egoismo sono diventati preponderanti in una società laddove nulla ha più senso, in un mondo in cui non vi sono più punti di riferimento ed ogni cosa trasuda morte.
La morsa del Drago è particolarmente forte in questo ultimo scorcio del Kalyuga.
Per annientare la sua azione e schiacciare la sua testa occorre L’Immacolata:
«Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». (Genesi: 3,15)
Quindi, il vero Amore, Fede, Altruismo e Sentimento provengono da questa Donna che, proprio come la Vergine Maria, nutre i suoi figli (nello specifico i Filosofi) con il latte che fluisce dal suo seno.
Questo latte tutto spirituale sgorga dalla sorgente soprannaturale ed alimenta i semi ideali che un giorno diverranno frutti divini.
Si tratta di quel Mare infinito che nutre la volontà dell’artigiano in opera, dell’alchimista al forno come dello scalpellino al lavoro.
Senza questo apporto salvifico che proviene dall’alto il futuro operatore che si appresta ai lavori filosofici come spera di racimolare la forza di volontà necessaria per eseguire delle operazioni così faticose, estenuanti ed irte di difficoltà? Certamente non dalla vana curiosità, né ancor meno dalla cupidigia, o (come taluni pretenderebbero) dall’interesse personale in qualsiasi forma si presenti.
Non per niente i lavori dell’Arte alchemica vengono sovente paragonati alle fatiche di Ercole data la difficoltà che si incontra per una buona riuscita.
La Grande Opera pur essendo un lavoro individuale (poiché ogni singola persona ha il suo particolarissimo cammino, e ciò vale in qualsiasi ambito, alchemico e non) non è e non può essere fine all’individuo.
Siamo dell’idea che il percorso dell’Eroe (il nostro Ercole) si prefigga sempre un obiettivo che vada molto al di là di se stesso, proprio come l’edificazione della cattedrali di cui abbiamo parlato.
Riteniamo che ognuno di noi sia chiamato ad essere Eroe della sua storia personale con coraggio e responsabilità ma soprattutto con gli occhi della mente sempre rivolti verso l’alto, come lo sguardo del nostro matto dei tarocchi.
Da lì scaturisce la vita e la forza di volontà che ci è indispensabile per lavorare come per respirare.
Il Marchese di Carabà
email: m.dicaraba@libero.it
L'industrie et le savoir-faire valent mieux que des biens acquis
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