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«Eretico sarà chi accenda il rogo, non già colei che vi brucerà dentro!» (da: «Il racconto d’Inverno» -
W. Shakespeare)
W. Shakespeare)
Sulla Stregoneria |
Parlare di streghe significa nella pressoché totalità dei casi parlare di caccia alle streghe; prima di cercare di comprendere qualcosa di più su questa drammatica «favola horror» dell’Occidente europeo è innanzitutto opportuno darle un senso cronologico e geografico.
Molti, infatti, sono erroneamente indotti a pensare che la caccia alle streghe sia un prodotto degli «oscuri» secoli del Medioevo. In realtà la Summis desiderantes affectibus il documento di papa Innocenzo VIII che inventa di fatto il crimine di stregoneria è del 1484, ovvero solo otto anni prima quel fatidico 1492 anno della scoperta delle Americhe che i più indicano come data simbolica d’inizio dell’età moderna.
Se il Medioevo non conobbe le streghe vide tuttavia l’invenzione dell’Inquisizione già nel XII secolo per la lotta all’eresia.
Nel 1199 papa Innocenzo III emanava la bolla Vergentis in senium con la quale si equiparava l’eresia, un crimine fino ad allora appartentente alla sfera propria della coscienza, a quello di lesa maestà ovvero al peggiore dei crimini politici punibile con la pena di morte.
Roghi si accesero anche nell’Europa medievale ma solo pochi momenti possono essere equiparati alla sistematica violenza dellla caccia alle streghe: a inizio Duecento la crociata contro i buoni cristiani dualisti del mezzogiorno di Francia, ai più noti come Catari, e la persecuzione armata nei primi decenni del Trecento dei seguaci dell’ultimo degli apostolici Dolcino da Novara asserragliatisi nell’alta valle del Sesia.
Tuttavia già negli eretici del medioevo possiamo cogliere elementi che troveranno un senso compiuto nelle streghe e negli stregoni dell’età moderna: già nel XII secolo essi infatti sono connotati come «membra diaboli» ovvero «membra del diavolo» a partire almeno dal Dialogus miracolorum del monaco Cesario di Eisterbach.
La caccia a streghe e stregoni è un fenomeno che possiamo a buon diritto ritenere mostruoso e difficile da spiegare. Spesso infatti si guarda all’età moderna come al lungo periodo dell’avvio della scienza sperimentale, della nascita dei grandi stati nazionali, della crescita della popolazione. Al contrario la caccia alle streghe mostra il volto pauroso e irrazionale della nostra civiltà.
Le credenze nei Sabba e nella Stregoneria Diabolica si diffusero grazie all’instancabile attività di laici ed ecclesiastici appartenenti sia al mondo cattolico, sia al mondo protestante: l’applicazione sistematica di questo mito portò alla creazione di un gruppo di nemici interni alla cristianità che furono trattati come «capri espiatori» dei mali collettivi e delle disgrazie individuali e come tali processati e condannati a morte.
Fu in buona sostanza una strage di persone innocenti durata quattro secoli e condotta tramite regolari processi, ovvero in forma legale e con rarissime opposizioni di sparuti intellettuali.
Oggi si stimano circa 110 mila processi contro streghe ritenute diaboliche; di questi la metà vennero realizzati da tribunali secolari in Germania (50 mila), un’altra parte rilevante in Svizzera (9 mila), isole britanniche e regni scandinavi (10 mila). Quindi soprattutto in paesi a maggioranza protestante dell’Europa centro-settentrionale.
Diecimila persone furono processate in Francia e 15 mila in Polonia; solo 5000 in Spagna e così anche in Italia.
Brian Levack ritiene, con buona approssimazione, che la sentenza capitale fosse emessa nel 55 % dei casi: arriveremmo così a circa 60 mila morti in tre secoli.
Si possono tuttavia avanzare dei dubbi su queste cifre forse ancora troppo elevate: molti documenti sono irrimediabilmente perduti e molti attendono ancora di essere ritrovati tuttavia è questo l’ordine di grandezza con cui si dovrà confrontare: è infatti assolutamente privo di qualsiasi fondamento il mito che vorrebbe nove milioni di streghe e stregoni (nell’80 % dei casi sono comunque donne) uccisi in Europa.
Per quel che concerne l’Italia, con le dovute cautele, si può proporre oggi un numero prossimo alle 1000 sentenze capitali quasi tutte nelle regioni centro-settentrionali divise tra autorità secolari ed ecclesiastiche.
A tale riguardo è opportuno fare alcune considerazioni:
Le procedure inquisitoriali riguardavano l’eresia ovvero l’apostasia al diavolo - e al primo processo ammettevano il pentimento dell’imputato che non veniva dunque condannato a morte; le procedure secolari riguardavano invece i malefici, cioè le morti o altri gravi danni che ne seguivano e non ammettevano il pentimento dell’imputato; dunque l’alto numero di sentenze capitali emesso dai tribunali secolari potrebbe collegarsi con le esigenze delle autorità locali e della popolazione che volevano l’eliminazione fisica delle streghe portatrici di disgrazie malattie e morte.
Donne spesso illetterate, spesso sole e senza il sostegno di una famiglia, difficilmente avrebbero potuto sostenere la dialettica dell’inquisitore; a questo si deve aggiungere l’uso della tortura che consentiva agli inquisitori di estorcere confessioni e procedere contro tutti gli imputati partecipanti ai sabba creando una catena di processi.
Negli atti essa scompare, se ne colgono soltanto riflessi che, pure nella sintetiche note dei notai, fanno intravedere gli abissi di dolore e violenza in cui queste donne erano improvvisamente catapultate e che ovviamente, nella stragrande maggioranza dei casi, le portavano a confessare qualsiasi cosa il tribunale volesse sentirsi dire.
Dopo essersi soffermati sulla macchina inquisitoriale e sul suo funzionamento nella lotta all’universo magico folklorico della prima età moderna è ora opportuno domandarsi cosa faccessero le streghe.
La tensione verso il mondo magico e le sue illusioni sembra nascere dal fondo più amaro della condizione umana: la coscienza della solitudine, il tedio dell’esistenza, l’angoscia della morte e al di là di questa del niente, la paura del dolore fisico e della sofferenza spirituale, il senso di insicurezza e di debolezza e il desiderio di forza e potenza, la nostalgia della giovinezza e la brama di godimento, invidia, viltà, amore insoddisfatto e odio.
Antropologi e storici delle religioni sono concordi nel dire che la magia è un fenomeno comune a tutte le civiltà e il complesso di riti e atteggiamenti che la caratterizza è in realtà un quadro che si ripropone in ogni tempo e sotto ogni cielo. Parrebbe quasi che tra gli uomini a una infinità di usi e credenze sul piano religioso corrisponda un unico universo magico.
La società alto medievale vide la fusione del mondo germanico con quello cristiano e i vecchi dei e gli antichi miti ne uscirono demonizzati al pari di quello che era già accaduto per le divinità greco-romane.
Accanto ai residui magici celto - germanici, che pure sopravvissero, si devono collocare quelli mediterranei.
L’antica magia mediterranea sopravvisse largamente, anche se occultamente, nell’Alto Medioevo per cui il revival posteriore all’XI secolo e poi la caccia alle streghe non devono stupire.
La cultura ecclesiastica riuscì a rifiutare quella folklorica contadina grazie a tre processi: la distruzione, l’obliterazione - cioè la sostituzione di culti pagani con altri simili cristiani che si sovrapponevano ai primi - e lo snaturamento - cioè la conservazione, almeno parziale, sotto il profilo delle forme - accompagnata però da un profondo mutamento di significato.
La Chiesa alto medievale aveva sposato la tesi di Agostino: «la magia è un inganno demoniaco». La conferma viene dal Canon episcopi, che viene fatto risalire al Concilio di Ancyra del 314 ma ha la sua prima attestazione solo nel 906 nelle Causae sinodali di Reginone di Prum e successivamente in una lettera di Burcardo di Worms.
L’equiparazione della stregoneria all’eresia segna il fondersi e confondersi di fenomeni eterogenei se non estranei l’uno all’altro, nell’universo negativo, indefinito e nebuloso della diversità minacciosa: un universo necessario e funzionale all’imposizione di un rigido controllo dell’anima e del corpo dei fedeli.
Sembrerebbe che sul finire del XV secolo streghe, stregoni ed eretici servissero a dare nuovo fiato alla cultura egemone chiericale e laica e alle istituzioni dominanti, ecclesiastiche e civili: non è un caso che termini come valdesia e gazzaria che rinviano a fenomeni eterodossi del secondo Medioevo siano usati come sinonimi di stregoneria.
Drammaticamente con la fine del Quattrocento la linea del Malleus si affermava: la linea dell’intolleranza e del rogo. La Riforma difatti, nella misura in cui intese ricondurre il Cristianesimo alle sue più pure ed esclusive fonti evangeliche rinnegò il sincretismo, alla luce del quale l’Europa era stata cristianizzata durante il Medioevo.
Da qui il dramma dell’incrudelirsi della caccia alle streghe più nei paesi riformati che in quelli cattolici dove il culto dei santi e delle reliquie nonché il ritualismo liturgico e paraliturgico avrebbero continuato a offrire spazio per una convivenza tra culture ataviche e cultura cristiana che non smascherasse drammaticamente i presupposti pagani delle prime.
Il passaggio dal medioevo all’età moderna in tutta Europa vedeva sorgere l’impressionante fenomeno della persecuzione di streghe e stregoni, la cosidetta «caccia alle streghe».
Ancor oggi esso presenta una notevole forza di contemporaneità: cioè si pone alla coscienza della cultura occidentale come uno dei grandi nodi irrisolti del proprio passato e dei suoi prolungamenti nel presente. Il buio del medioevo si estendeva drammaticamente all’età moderna. Il Cristianesimo, religione di amore e di misericordia, aveva accolto nel suo seno l’universo antagonistico di demoni e streghe, ovvero la favola horror della stregoneria.
Michele Pellegrini (Milano 1981), laureato all’Università degli Studi di Milano, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia del cristianesimo e delle chiese cristiane presso l’Università degli Studi di Padova.
Le sue ricerche guardano alle istituzioni ecclesiastiche nei secoli centrali del Medioevo con particolare interesse per l’area lombarda.
Le sue ricerche guardano alle istituzioni ecclesiastiche nei secoli centrali del Medioevo con particolare interesse per l’area lombarda.
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