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«Per la candlora, o ch’u piov o ch’u neva da l’inveren a sem fora; ma s’un piov, quaranta dè dl’inveren avem ancora.
(Per la Candelora, se piove o nevica, dall’inverno siamo fuori; ma se non piove, abbiamo ancora quaranta giorni di inverno.)»
(Per la Candelora, se piove o nevica, dall’inverno siamo fuori; ma se non piove, abbiamo ancora quaranta giorni di inverno.)»
Antico Proverbio
Imbolc o Candelora |
Candelora – Festa di Mezzo Inverno!
La Candelora è una ricorrenza conosciuta in tutto il mondo e celebrata persino negli Stati Uniti. Ovunque la si festeggi e comunque la si chiami fin dalla Notte dei Tempi l’1 Febbraio è considerato il giorno in cui il Sole ritorna a vivere, la Terra torna giovane e fertile.
Le diverse celebrazioni della festa hanno tutte le stessa funzione, quella di prevedere l’esatto arrivo della Primavera attraverso l’interpretazione dei comportamenti degli animali e delle forze della Natura.
Imbolc
Presso le popolazioni Celtiche del Nord Italia, e dell’Europa Occidentale l’1 Febbraio si festeggiava Imbolc (o anche Oimelc) o festa di Mezzo Inverno, poiché si trova esattamente a metá fra il Solstizio e l’ Equinozio di Primavera.
A dire il vero, il nome Imbolc deriva dall’irlandese antico, infatti è una festa irlandese; a causa della mancanza di testimonianze scritte non ci è dato sapere come festeggiassero nel dettaglio questa ricorrenza le altre popolazioni celtiche.
La celebrazione di Imbolc iniziava al tramonto del giorno precedente, perché secondo il calendario celtico il giorno iniziava appunto, al tramonto del sole.
La parola Imbolc in irlandese significa "in grembo", e come tutte le feste celtiche il suo significato è leggibile a più livelli.
Il suo significato più essoterico e materiale fa riferimento alla gravidanza delle pecore, cosí come Oimelc sta per "latte ovino", a indicare che in origine si trattava di una festa legata alle pecore da latte.
E’ in questo periodo, infatti, che nascevano gli agnellini, e di conseguenza le pecore producevano latte. Era un momento importantissimo, poiché per coloro che vivevano di pastorizia il latte e i suoi derivati rappresentavano spesso la differenza tra la vita e la morte per l’intera comunità.
Ad un livello più profondo e simbolico la festività celebrava il ritorno della luce, che si rifletteva nell’allungamento della durata del giorno, e nella speranza per l’arrivo della Primavera, durante la quale sarebbero nati i frutti ora nel grembo della Madre Terra.
Imbolc rappresentava, infatti, anche l’incontro fra il Dio e la Dea, il Cielo, il Sole, il dio cornuto Kernunnos e la Dea, La Terra, la Luna, Brighit: la Triplice.
Dopo essere discesa nel mondo sotterraneo perché vecchia, stanca, sterile e decrepita, la Dea esce dalle profondità per incontrare il Dio, innamorarsi di lui e celebrare le Nozze a Litha. Poiché Oimec rappresentava il ritorno della Luce, la tradizione prevedeva che la festa fosse celebrata accendendo lumini, candele e grandi faló rituali attorno ai quali era usanza danzare. La festa era dedicata alla dea Brighit che, in epoca Cristiana divenne Santa Brigida.
La Festa dell’Orso
Delle tradizioni legate alla Candelora presso le popolazioni alpine ci resta solo "La Festa dell’Orso", tipica delle zone più a Nord d’Italia.
Ad Aosta, il 31 Gennaio, è allestita una delle più grandi e belle fiere d’artigianato locale d’Italia. La festa, sebbene abbia assunto un volto cristiano, conserva il suo sapore arcaico e rurale. L’aria tagliente dell’ultimo giorno di Gennaio è scaldata dall’odore del Vin Brulé che si leva da banchi allestiti apposta dove viene offerto ai passanti.
Anticamente, nelle zone dell’Arco Alpino, nel
giorno di Candelora un montanaro girava per
le piazze dei paesi facendo ballare un orso
Dall’osservazione del cielo, le condizioni metereologiche e, soprattutto, il comportamento animale, gli abitanti pronosticavano la durata dell’inverno.
Pare, inoltre, che in tempi remoti, un montanaro/domatore andasse in giro da un paese all’altro facendo ballare l’orso nelle piazze, per celebrare il ritorno della luce e della bella stagione e la relativa sconfitta delle forze del buio e del freddo. Questa lotta è riproposta da diverse leggende italiane che corrono da Nord a Sud.
Nell’Italia Settentrionale il Freddo e l’Inverno divoratore hanno un volto femminile, la Giubiana, mentre in molte regioni dell’Italia meridionale rievocano questa lotta attraverso la figura misteriosa de "Lu Vecchiu" o "Vecchione".
Si tratta di un terribile e vecchissimo orco, di dimensioni gigantesche che il 2 Febbraio di tutti gli anni esce dai boschi e va a caccia di bambini tra le case. La leggenda lo ritrae vestito di pelli, con braccia che diventano lunghissime per afferrare i bambini e divorarli all’istante.
Nei racconti popolari il vecchio rivendica la propria presenza urlando: «O fora o non fora, quaranta giurni ’aggiu ’ncora» (fuori o dentro, ho ancora quaranta giorni di vita).
Anche a Putignano, il giorno della Candelora era anche il giorno dell’orso e assumeva un carattere sciamanico come quasi sempre avviene al Sud dove pantomima, imitazione e identificazione sono caratteri della religiosità.
Le vie del paese erano percorse da un uomo travestito da orso, il quale si fermava nelle piazze, e al suono di tamburi, ballava la tarantella, attorniato dai paesani che oltre ad accompagnare la sua danza battendo le mani a tempo, lo punzecchiavano o lo colpivano con qualche sberla. A volte, a seconda che fosse bello o cattivo tempo, l’orso imitava l’atto del costruire il suo rifugio (u pagghiar’).
Da questi riti traspare che l’orso rappresenta, in Italia, le forze primordiali della natura che si assopiscono all’inizio dell’inverno e si risvegliano in primavera.
I Lupercalia
Un altro animale che incarna le forze primordiali è il lupo. Presso i Romani il risveglio della Natura era celebrato con i Lupercalia.
La festività si svolgeva il 15 Febbraio (questo mese era il culmine del periodo invernale nel quale i lupi, affamati, si avvicinavano agli ovili minacciando le greggi) in onore del dio Fauno nella sua accezione di Luperco (in latino Lupercus), cioè protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi.
La cultura Romana era collettivista e come accadeva nella falange guerriera, anche nella vita civile ciascun romano si identificava nell’Impero e la religiosità era vissuta come un fatto collettivo e non personale.
Per questo motivo, ricordando la nascita di Romolo e Remo, i Lupercalia rappresentavano la morte e rinascita di Roma, la sua purificazione da ogni negatività e la rinascita alla nuova vita spirituale.
Questa lettura della festa è confermata dalla testimonianza di Dioniso di Alicarnasso, secondo il quale parte dei riti erano officiati presso la grotta Lupercale dove, secondo la leggenda, furono allevati Romolo e Remo.
Secondo quanto narra Ovidio, invece, i Lupercalia furono istituiti da Romolo in ricordo di una grazia ricevuta da Giunone, dea della casa, della famiglia e della fertilità.
Al tempo di re Romolo vi sarebbe stato un prolungato periodo di sterilità nelle donne. Donne e uomini si recarono perciò in processione fino al bosco sacro di Giunone, ai piedi dell’Esquilino, e qui si prostrarono in atteggiamento di supplica.
Attraverso lo stormire delle fronde, la Dea rispose che le donne dovevano essere penetrate (inito, che rimanda a Inuus, altro nome di Fauno) da un sacro caprone.
Le donne furono ovviamente spaventate dalla risposta della Dea, ma un augure etrusco interpretò l’oracolo nel suo vero significato e sacrificò un capro. Quindi tagliò dalla sua pelle delle strisce con le quali colpí la schiena delle donne e dopo dieci mesi lunari le donne partorirono.
I Luperci colpiscono le donne con le Februa, fruste
ricavate dalla pelle di capra, per assicurare loro
la fertilità
I giovani sacerdoti avevano il torso nudo e spalmato di grasso, sulla faccia indossavano una maschera di fango e intorno alle anche indossavano una pelle di capra ricavata dai sacrifci eseguiti nel Lupercale.
A Roma tutto era preciso e organizzato, nulla era lasciato al caso, meno che mai gli affari di guerra e religione, e cosí anche i Luperci erano inquadrati in due schiere di dodici membri ciascuna e dirette da un unico magister.
Le due schiere erano rispettivamente chiamate Luperci Fabiani ("dei Fabii") e Luperci Quinziali (Quinctiales, "dei Quinctii"). Il giorno dei Lupercalia, erano iniziati due nuovi luperci (uno per i Luperci Fabiani e uno per i Luperci Quinziali) nella grotta del Lupercale; dopo il sacrificio di capre e, pare, di un cane, i due nuovi adepti erano segnati sulla fronte intingendo il coltello sacrificale nel sangue delle capre appena sacrificate. Il sangue era dunque asciugato con lana bianca intinta nel latte di capra, fatto ciò i due ragazzi dovevano ridere.
A questo punto i due giovani indossavano le pelli delle capre sacrificate, dalle quali erano tagliate delle strisce, le februa (dalle quali prende il nome il mese di Febbraio) o amiculum Iunonis, da usare come fruste.
Cosí abbigliati i Luperci consumavano un abbondante pasto dopo il quale era previsto che corressero intorno al colle saltando e colpendo con queste fruste sia il suolo per favorirne la fertilità sia chiunque incontrassero, in special modo le donne.
In questa seconda parte della festa i Luperci erano essi stessi contemporaneamente capri e lupi: erano capri quando infondevano la fertilità dell’animale (considerato sessualmente potente) alla terra e alle donne attraverso la frusta, mentre erano lupi nel loro percorso intorno al monte Esquilino .
Secondo Quilici, la corsa intorno al colle doveva essere intesa come un invisibile recinto magico creato dagli scongiuri dei pastori primitivi a protezione delle loro greggi dall’attacco dei lupi; la stessa offerta del capro avrebbe dovuto placare la fame dei lupi assalitori.
Tale pratica inoltre non doveva essere stata limitata al solo Esquilino ma in epoca preurbana doveva essere stata comune a tutte le località della zona, ovunque si fosse praticato l’allevamento ovino.
E’ forse da rintracciarsi nei Lupercalia l’usanza dei pastori Calabresi che si appostavano al mattino del due Febbraio nei pressi della spelonca e attendevano che il lupo si affacciasse: se questo usciva nei campi, allora la stagione sarebbe stata piovosa, se invece si ritirava nella tana, allora la primavera non avrebbe tardato ad arrivare.
Candelora
La Candelora ha origine nel bacino del Mar Mediterraneo, come per Imloc e i Lupercalia anche la Candelora è la celebrazione dell’arrivo della Luce, della purificazione, della rinascita e la fertilità.
Inizialmente era celebrata il 14 Febbraio, ovvero 40 giorni dopo l’Epifania ma, successivamente fu spostata al 2 Febbraio, ovvero 40 giorni dopo il Natale.
Infatti la Candelora commemora la presentazione di Gesù al Tempio e la purificazione di Maria.
Era usanza ebraica che i bambini maschi fossero presentati e circoncisi al Tempio 40 giorni dopo la nascita, nella stessa occasione le madri erano purificate dal sague che le aveva tenute impure dopo il parto.
Si racconta che quando il bambino Gesù fu presentato al vecchio Simeone questi lo abbia chiamato "luce per illuminare le genti".
Per questo motivo, il giorno della Candelora è usanza benedire le candele e i ceri che saranno adoperati durante l’anno nelle liturgie o per le offerte in chiesa o a casa propria.
La presentazione di Gesù al Tempio è il simbolo della Luce che ormai si presenta al mondo, la vittoria della luce sulle tenebre è fuori da ogni dubbio, cosí come è ormai evidente che le ore di luce aumentano di giorno in giorno. La vittoria della luce e l’approssimarsi del periodo luminoso è in questo mito sottolineata dalle parole del vecchio Simeone che rappresenta appunto l’inverno, il vecchio, il passato che annuncia il nuovo.
La purificazione di Maria dopo il parto è un chiaro riferimento alla fertilità ma anche al ritorno della madre Terra. Presso gli Ebrei, infatti, era usanza che nei 40 giorni precedenti la purificazione la madre e suo figlio vivessero isolati.
Con la purificazione Maria torna alle genti, torna al mondo dopo l’isolamento nella grotta-ventre-oltremondo. La verginità di Maria, nonostante la sua maternità, rappresenta la purezza della Madre Terra che ancora non conosce dolore e brutture, non conosce il superfluo, la civetteria, la cattiveria, non conosce né il bene né il male; ella conosce solo l’amore, un amore infinito, sconcertante, terribile e meraviglioso che feconda ogni cosa, che genera ogni cosa solo esistendo. Ama poiché non conosce altro modo d’essere, non può essere diversamente. Ella non fa mai del bene a nessuno, non fa mai del male a nessuno, ella Ama, costantemente.
Dopo l’Orso e il Lupo, la Marmotta
La Candelora è conosciuta anche nei giovanissimi Stati Uniti che il due Febbraio festeggiano il "giorno della marmotta" (in inglese Groundhog Day). La festa ha origini scozzesi e fu osservata per la primissima volta nel 1887 a Punxsutaweney, in Pennsylvania.
Secondo la tradizione, in questo giorno si osserva la tana di una marmotta. Se questa emerge e non riesce a vedere la sua ombra perché il tempo è nuvoloso, l’inverno finirà presto; se invece vede la sua ombra perché è una bella giornata, si spaventerà e tornerà di corsa nella sua tana, e l’inverno continuerà per altre sei settimane.
Durante questo giorno, dunque, prestate attenzione alla natura che vi circonda, attendete la luce e godetevi un bagno caldo purificatore mentre fuori piove, anzi ringraziate la pioggia purificatrice e fecondatrice che bagna la nostra Terra e la nostra Vita.
La Luce del risveglio piova sul vostro capo
Bimbasperduta
email: fenice_52@libero.it
blog: I Tarocchi d Bimbasperduta
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